Il valore della Mediazione nella Riforma della Giustizia.

M. Martello, Il valore della Mediazione nella Riforma della Giustizia. Nuovi scenari e stimoli per agire nel tempo dei decreti attuativi.

Maria Martello ha insegnato Psicologia dei rapporti interpersonali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia dove ha anche coordinato il Corso di perfezionamento in mediazione dei conflitti.
È stata Giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni e la Corte d’appello di Milano. Formatrice alla mediazione umanistico-filosofica e autrice di molti saggi tra cui La formazione del mediatore, Una giustizia altra e altra, La mediazione nella vita e nei Tribunali, e Costruire relazioni intelligenti.
Ora, in formato ebook, pubblica Il valore della Mediazione nella Riforma della Giustizia. Nuovi scenari e stimoli per agire nel tempo dei decreti attuativi. Prefazione di Paola Lucarelli.
L’Autrice in questo saggio appena edito da Wolters Kluwer, tratteggia le modalità ed i criteri per capire la mediazione all’interno di una Riforma complessa.
Nel momento del ripensamento profondo della mediazione come istituto dell’ordinamento giuridico, diviene indispensabile infatti la ricerca delle migliori condizioni nelle quali sia possibile conoscerla e apprenderne la metodologia.
Suddiviso in sei capitoli, si snoda tra due poli, quello della mediazione quale esperienza di incontro tra libertà umane e quello relativo alla formazione dei mediatori.
“Cosa è la mediazione se non un modo per imparare progressivamente a vivere di confronto e non di scontro?” chiede Maria Martello
Ancora una volta l’Autrice ha rivolto la propria sensibilità, fatta di mente e soprattutto di cuore, alla mediazione quale strumento di pacificazione dei conflitti, in particolare quelli risultanti dalle controversie che riguardano i diritti disponibili in ambito civile e commerciale, parte importante della recente riforma della giustizia.
Le sue parole sono uno stimolo per ogni mente che non si accontenta di comprendere la sola struttura delle cose ma vuole invece coglierne l’essenza, assai più vicina alla verità. Infatti le sue riflessioni puntano fino dall’inizio a elicitare la reale natura di questo processo umano, il conflitto, quale momento di apparente separazione e allontanamento dei protagonisti ma in realtà legame che li unisce più profondamente di quanto riconoscano e ammettano. Il conflitto nasce infatti proprio dalla loro relazione: non vi può essere conflitto senza relazione, che rappresenta, nelle parole dell’Autrice, “la sfida di una vita con l’altro in cui l’io e il tu attuano un felice scambio basato sulla diversità”.
È però l’incapacità di gestire la diversità in modo efficace, cioè funzionale al reciproco vantaggio, che porta all’escalation del confronto in conflitto, e dunque alla necessità di disporre di strumenti che agiscano sulle cause profonde per generare nuove opportunità. Non le si chiami semplicemente soluzioni poiché esse non rappresentano realmente un punto di arrivo, bensì, appunto, un’opportunità di giungervi attraverso la guarigione della relazione e la crescita dei protagonisti.
Mentre molti tengono separate la giustizia riparativa da quella consensuale, Martello ne propone invece la fusione in un’unica dimensione, concettuale e di intervento attraverso la mediazione. Come? Andando alle radici del senso dell’istituto della mediazione.
“Nulla può essere standardizzato quando ci si riferisce al mistero dell’essere umano, e dunque la mediazione non può esaurirsi solo sul piano giuridico ed economico (se così fosse sarebbero destinate a rimanere in ombra realtà che rifuggono dalle spiegazioni razionali, insieme al senso profondo di un accadimento della vita, qual è il conflitto), né è possibile delegare a terzi la risoluzione di un conflitto in una procedura che non vede come protagonisti i diretti interessati.”.
E questo ci porta alla figura del mediatore, professionista che non offre un servizio, bensì è nel servizio. Proprio questa considerazione trova grande risonanza fra l’Autrice e il sottoscritto, che da sempre considera la mediazione più affine alle professioni caratterizzate dalla relazione di aiuto che a quelle tecnicistiche, tanto più di area giuridica.
Ricorda Martello a questo proposito le parole con le quali C. Rogers ha definito l’attività di counseling come “relazione d’aiuto non direttiva fondata su un ascolto attivo ed empatico che, in un clima di attenzione e rispetto, pone al centro il cliente con i suoi bisogni, le sue fragilità, aspirazioni e domande”. Non è forse quello che fa anche il mediatore, professionista per il quale “il fare, qualunque sia lo stile ed il modello, deve seguire l’essere”?
Ciò consegna ai professionisti della conciliazione delle controversie una responsabilità di cui forse non sono tutti pienamente consapevoli, ampliando la funzione del loro ruolo dalla semplice facilitazione della negoziazione di una controversia al sostegno a chi si trova in un momento di crisi della propria vita proprio a causa del conflitto in cui è coinvolto.
Vi leggiamo, parafrasata, la citazione di Albert Camus, “potremo semplicemente dire al mediatore che tutti vorremmo incontrare nel nostro cammino di vita accidentato: non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminare davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico.”.
Il passaggio successivo è ragionare sulla formazione del mediatore. Utilizzando una metafora dell’Autrice possiamo chiederci: se ogni mediazione è un vestito su misura, quali le qualità personali, le abilità e le competenze richieste al mediatore come sarto (o forse stilista) del processo di negoziazione?
“I bravi mediatori di oggi non lo sono certo per effetto delle risicate ore di corso, un superficiale indottrinamento, ma per sensibilità, talenti, studi pregressi di tipo personale” afferma l’Autrice con convinzione, sicuramente condivisibile.
È necessaria “l’educazione del mediatore al dialogo, chiederci quali siano gli ingredienti fondamentali necessari a stabilire un dialogo autentico con noi stessi e con gli altri, per portare la nostra interazione ad un altro livello, più profondo e produttivo”, e solo successivamente ha senso aggiungere alla struttura personale del professionista le specializzazioni nell’ambito conflittuale in cui opera e le relative procedure metodologiche.
C’è dunque bisogno, citando altra opera di Martello, “di mediatori professionisti più che di professionisti mediatori”, ma solo il mercato, più degli interventi legislativi, può preparare questo cambiamento radicale. Un cambiamento che dovrà scontare le molte resistenze colturali e di sistema del nostro Paese, e può solo essere profonda evoluzione individuale nel modo di vivere e gestire le differenze con l’altro, chiedendo aiuto nel momento di difficoltà a chi ha le competenze, e soprattutto le qualità personali, per farlo.

Fonte: Eugenio Vignali su Linkedin